Lettera dell’amato – Il dito delle parole

Mia amata,

a me piacciono le parole perché non hanno il tempo di avverarsi che subito dileguano. Sembrano pesci che in un guizzo saltano sulla linea dell’acqua e poi ritornano giù, piccoli aghi allungati per cucire il sopra e il sotto.

Appaiono e scompaiono ma intanto, oltre quello che portano, dicono i luoghi da cui arrivano: il dietro, l’abisso, il profondo, l’altrove.

Salgono in superficie, vengono a noi davanti e come le piume degli uccelli venuti fuori dalle tempeste, nelle loro ali sonore portano impigliate le tracce dei mondi che hanno attraversato: il gocciolio del chissadove.

Appaiono e scompaiono come lampi sulle quinte profonde della notte eppure non se ne vanno, se è vero che qualcuna resta impigliata nella rete degli ascolti e continua a risuonare.

A volte, mia amata, ne prendo qualcuna e la indosso.

La rendo cappello e comincio a pensare i pensieri di chi l’ha sussurrata, la rendo guanto e comincio a toccare il mondo di chi l’ha detta, la rendo calza e comincio a sentire i tragitti di chi l’ha portata in cammino e lungo il cammino l’ha cantata.

Le parole, mia amata! Appaiono e scompaiono, restano anche quando dileguano, le indosso e per magia accadono vite inaudite, arrivano altre vite nella vita.

Che stranezza le parole, mia amata, questi fiori che nascono in stagioni che non durano, questi fiori che appassiscono nel momento stesso di sbocciare eppure ci lasciano in dono giardini in cui anche senza accorgercene, torniamo a respirare.

Dai giardini delle parole, mia amata, ho guardato le stelle antiche e quelle che ancora non sono, ho immaginato la terra alzare il dito di un proprio faro verso il mare per dire agli orizzonti: io sono qui.

La parole, mia amata, queste cose che nascono e muoiono, nascono e muoiono, intermittenti come la vita e come i fari, sono il dito luminoso che si alza dalla vita mia per dire alle vite degli altri: io sono qui.

A presto, mia amata.

Caserta, Libreria Che Storia – 18 maggio 2019