La Lettera dell’amato / La parola Stupore

Mia amata,

cammino come se sognassi tra persone che non si girano.

Provo a poggiare delle carezze sulla nuca di qualcuno ma le spalle hanno la fissità delle offese senza le finestre. Qualcuno per vedermi tira fuori uno specchietto, lo orienta per mirare meglio il mio volto e lì dentro mi concede appuntamento. Occhi negli occhi dentro uno specchio, un nido che raccoglie e allontana, come fanno le parole con le cose.

Mentre procedo m’arrivano le voci dei bambini. Corrono mia amata, e si spingono e cadono e litigano poco prima di scambiarsi la vita attraverso gli oggetti e il gioco. Ogni tanto qualcuno di loro stropiccia gli occhi e come per magia si sparigliano le nubi, s’apre tutto il cielo.

claudecormierpergola6

L’installazione di Claude Cormier + Associés

In quei precisi istanti, mia amata, se qualcuno alza lo sguardo alla collina bardata di filari, grappoli di luce si staccano e vanno in su, come i palloncini perduti dei bambini nelle sere di festa.

Vorrei portare tutto dentro al libro segreto delle mani. Vorrei proteggere ogni cosa come un pulcino prima del temporale.

Ma dove se ne vanno, mia amata, gli uomini che come palloncini partono senza voltarsi? In quali nostalgie portano le cose che non hanno potuto dire qui? Li vedi rimpicciolire di passo in passo fino alla scomparsa, mentre l’immaginazione si mette a soffiare forte in quegli spazi d’assenza, piazze deserte della domenica pomeriggio.

Intanto procedo ancora, mia amata, e il sogno non mi lascia. D’improvviso il mio marciapiede finisce e comincia il mare. Una donna sorge d’incanto dalle onde e a tempo con il rumore delle onde si piega, prende il mare nel cucchiaio delle mani e lo porta alla bocca per baciarlo. Mi sorprendo a vedere che il mare luccicante non si spegne e le resta sulle labbra, come un pigolio di gocce, un brulichio di fiammelle accese nel sole. Vorrei scappare a scrivere mia amata, e forse la scrittura è ciò che resta sulla bocca dopo aver baciato il mare. A un certo punto quella donna, pesca una scintilla dalle labbra, la apre come se fosse una noce e dai gusci fa uscire una parola. Io la vedo, mia amata! È la parola Stupore.

nowhow_venere_degli_stracci_pistoletto

Venere degli stracci – Pistoletto

Poi il sogno finisce e comincia la scrittura, quest’ansia di fare presto prima che la risacca riprenda ogni cosa; questo pescatore di lune che si sveglia quando il mondo si addormenta e va per le strade a raccogliere quel che resta degli uomini, lumelle cariche di evanescenze.

Forse la scrittura è una mano che nelle sere dei nasi alle finestre e dei sospiri soffiati ai vetri, si muove per disegnare l’antica, difficilissima forma di una bocca. Di mio, devo arrivare a quella bocca prima che svanisca, mia amata.

Perché vorrei pescare una scintilla, aprirla come una noce e far volare anche io la parola Stupore apagina-1ppesa ai palloncini che si perdono nelle sere di festa.

A presto, mipagina-2a amata.

Lauria, 11 novembre 2016